Il mondo dell’igiene ambientale, come ormai noto a chi legge queste pagine, è caratterizzato dalla presenza di asset complessi dal punto di vista della manutenzione, formati da una parte telaistica relativamente standard sulla quale sono montate attrezzature che devono rispondere a precisi standard di sicurezza.
Questi ultimi sono dettati fra, gli altri dispositivi, dalla Direttiva Macchine (2006/42/CE) e dalla norma UNI EN 1501 nelle sue diverse declinazioni. In tale scenario appare chiaro come le competenze specifiche siano rare a trovarsi, trattandosi di un mercato di nicchia rispetto a quello automotive: l’industria del settore è ben attenta a non disperdere le professionalità richieste. In Italia l’offerta appare particolarmente frammentata, con molti costruttori di carattere semi-artigianale, a fronte di una situazione che in altri Paesi europei trova produttori di maggiori dimensioni.
Si tratta peraltro di uno scenario in rapida evoluzione anche in conseguenza delle accresciute sensibilità ambientali e dell’approccio improntato all’economia circolare; il tutto si traduce in maggiori gradi di specializzazione delle attrezzature. E grandi spazi si aprono all’innovazione.
Ma ci siamo veramente?
Il paradigma “Internet delle cose” appare interessante in primis per esercizio, stante la necessità di rendicontare i giri di raccolta e le attività generate dalle singole utenze, in vista di una tariffazione puntuale dei servizi.
Anche la manutenzione può giocare le sue carte: la telemetria, diffusa per altri veicoli di interesse pubblico come quelli per il trasporto persone o per la distribuzione capillare delle merci, qui fatica a trovare la sua dimensione, per la maggiore complessità intrinseca degli asset. Eppure, proprio per i motivi di cui sopra, operare in maniera “connessa” sarebbe auspicabile.
Molti produttori di sistemi telematici affermano di essere già pronti e di vantare casi applicativi, tuttavia la realtà quotidiana non presenta, ad anni dalla proposizione delle prime soluzioni, un’ampia diffusione delle tecnologie telematiche. Fra di esse l’utilizzo di sistemi GPS per la certificazione dei servizi, sovente associata all’uso di mappe GIS, ha in alcuni casi aiutato a mettere a punto soluzioni basate su piattaforme standard quali InfoPMS Voyager su Sateltrak-GET Italia o Datamove Siunet su Viasat, entrambe estese alla manutenzione.
La tecnologia evidentemente è più che matura, perché i costi dei device “elementari” quali modem GPRS e sistemi di posizionamento satellitare hanno beneficiato delle vere e proprie rivoluzioni che hanno investito il mercato consumer. Basti pensare che solo 15 anni fa appariva normale l’utilizzo separato di ricevitori GPS (solo il sistema made in USA era disponibile in Europa) e di telefonini industriali, entrambi con le loro antenne, da connettere e gestire mediante microcomputer.
Oggi oggetti complessi di questo tipo sono integrati nei chip presenti nei nostri smartphone, che dispongono altresì di HMI programmabili su sistemi operativi dedicati, a costi inferiori rispetto a quelli dei singoli elementi a suo tempo utilizzati. La tecnologia applicata, meno: i sistemi di automazione industriale e quelli automotive devono trovare nell’igiene ambientale una non facile coesistenza ed è per questo che sono poche le soluzioni effettivamente collaudate, nonostante un’apparente grande offerta di “scatole nere” proposte per fare tutto, ma che richiedono ogni volta costosi progetti di adeguamento.
Se per i singoli sottosistemi è auspicabilmente superato il periodo della costruzione in proprio, nell’integrazione dei sistemi il campo della ricerca applicata è ancora aperto, soprattutto verso un’auspicata standardizzazione in accordo con il modello RAMI (“Reference Architecture Model for Industrie”) 4.0 che pur rivestendo un ruolo essenziale al momento non consentono l’interoperabilità fra i sistemi.
Il collo di bottiglia: i costi per le comunicazioni
Un discreto successo le tecnologie telematiche lo hanno invero avuto nel campo delle flotte di veicoli/attrezzature in noleggio/leasing, per le quali il controllo da remoto dello stato delle “proprie” macchine è pressoché obbligatorio da parte dei noleggiatori in quanto parte del loro core business, ma anche questo è un mercato in continua evoluzione, per cui una soluzione standard ancora non è definita.Va peraltro sottolineato come la trasmissione di grandi quantità di dati non sia a costo zero: si tratta di un vincolo non da poco perché se i grandi gruppi, capaci in teoria di sostenere elevati canoni quadrisettimanali, presentano comunque forti vincoli nei processi di procurement, le piccole società di servizi, magari rappresentate da cooperative di lavoro, non possono permettersi spese di questo tipo.
Per implementare una reale “manutenzione 4.0” occorre dunque partire dalla raccolta, trasmissione e analisi di pochi dati, scelti con oculatezza ed effettivamente utili a fotografare lo stato delle attrezzature, in aggiunta ovviamente ai normali contatori associati alle scadenze di manutenzione (chilometri percorsi, ore PTO, ore motore…).
Le attrezzature per i servizi di raccolta dell’igiene ambientale rappresentano un caso emblematico di vere e proprie “macchine” attrezzate con sensori (flussimetri, proximity, contatori) che forniscono parametri tradizionalmente usati per la corretta gestione dei cicli riferiti a voltabidoni, pale di compattazione, sicurezze durante l’uso. Tali dati originano e vengono però tradizionalmente utilizzati all’interno del veicolo, al più per costruire pannelli di diagnostica, ma possono essere convenientemente trasmessi in remoto in data-logger dai quali estrarre contenuti informativi destinati alla diagnosi di comportamenti anomali ripetuti nel tempo e, man mano che la base dati si popola, implementare algoritmi di prognostica.
La strada è tracciata
La risposta al problema di come rendere effettivamente fruibile una tecnologia oggi matura c’è, e si trova nelle esperienze concrete: costruttori di fascia alta, ossia che puntano alla qualità del prodotto (e dunque ad una significativa vita utile delle attrezzature) si stanno attrezzando per connettere i propri veicoli correlando tale maggior grado di innovazione con canoni di assistenza che assicurino una ragionevole e sostenibile ripartizione dei costi fra proprietari/utilizzatori e costruttori. La necessità di certificare i servizi svolti per impostare criteri di tariffazione puntuale sta aiutando in questo senso.
Ancora una volta il mondo della manutenzione è quello in grado di fare la differenza, decretando il successo di quei veicoli attrezzati in grado di rispondere non solo alle esigenze immediate del cliente così come enunciate nei capitolati di gara o nei contratti di acquisto (la presenza di aziende private non è trascurabile), ma anche a quelle dei costruttori stessi, capaci di impostare politiche di assistenza efficaci ed economicamente sostenibili.
Si parte da pochi dati, da basse frequenze di aggiornamento, per la trasmissione dei citati contatori, di qualche allarme generato a bordo e da quei segnali che solo un costruttore realmente orientato al confronto continuo con i propri clienti è in grado di conoscere, riconoscere ed elaborare.
La strada per la manutenzione predittiva passa da questi apparentemente semplici adeguamenti.
Alessandro Sasso Presidente ManTra, Associazione Manutenzione Trasporti