Un sistema per la gestione della corrosione sotto coibente

La minaccia nascosta per l'integrità di tubazioni ad apparecchi

  • Gennaio 8, 2014
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    Un sistema per la gestione della corrosione sotto coibente

Il drammatico innalzamento dei costi dell'energia durante gli anni 70 ha condotto l'industria della raffinazione e della petrolchimica alla ricerca spasmodica della conservazione dell'energia che ha portato, in molti casi, ad un uso eccessivo di isolanti termici (coibentazione).

 

La problematica della corrosione al di sotto di tali isolanti è stata oggetto, già da alcuni decenni, di notevole attenzione dal momento in cui si è avuta evidenza che tale fenomeno è responsabile (statisticamente) del maggior numero di eventi indesiderati e cioè di perdita di confinamento dei prodotti contenuti nelle tubazioni o negli apparecchi di processo.

 

Questo fenomeno, noto come "corrosione sotto coibente" (o CUI dall'inglese corrosion under insulation), ha luogo quando l'acqua contenuta nell'ambiente riesce ad infiltrarsi al di sotto delle coibentazioni, fino ad arrivare alle superfici metalliche.

 

Quest'acqua, che spesso contiene sia i contaminanti tipici delle "atmosfere industriali", sia le sostanze contenute nella coibentazione stessa (principalmente cloruri e solfati), può risultare molto aggressiva e portare ad un fenomeno di ossidazione molto rapido.

 

La velocità di corrosione dell'acciaio al carbonio (maggiormente sensibile al fenomeno) è influenzata principalmente dalla temperatura di pelle del metallo. L'intervallo di temperatura per la CUI è dai -4°C ai +175°C (valore recentemente innalzato a seguito degli studi NACE). L'intervallo tra i 60°C e i 120°C è però quello caratterizzato dalla maggiore velocità di corrosione (con incremento della velocità di corrosione con la temperatura).

 

È quindi evidente che una grande percentuale di attrezzature a pressione, utilizzate nella raffinazione e nella trasformazione del petrolio o nella produzione di vapore, ricade nel campo di suscettibilità alla CUI. Su impianti di nuova costruzione è ormai possibile utilizzare tutta una serie di rivestimenti (pitture, rivestimenti incollati per fusione, rivestimenti per metallizzazione o thermal spray, rivestimenti a "nastro di cera", rivestimenti applicati liquidi, etc.) tali da proteggere nel lungo periodo le superfici da tale fenomeno.

 

Per gli impianti esistenti, invece, ricorrere a massive scoibentazioni per applicare uno qualsiasi dei rivestimenti disponibili richiederebbe un impegno economico difficilmente sostenibile nel momento di crisi in cui sono costrette ad operare le industrie italiane. È in questo ambito che i gruppi (petroliferi soprattutto) e le aziende più performanti si sono dotati di politiche e strategie dedicate alla gestione del fenomeno CUI attraverso analisi (basate sul RISCHIO) che portano alla definizione di piani ispettivi atti ad individuare il fenomeno prima che questo porti ad un evento indesiderato.

 

 

Le metodologie adottate possono essere più o meno sofisticate, ma possono essere facilmente sintetizzate nelle quattro fasi di seguito descritte.

 

1 - Definizione di un piano per la rimozione dell'isolamento

Sembra banale, ma la CUI non ha luogo su un'attrezzatura non coibentata, e per questo la sfida alla CUI non può prescindere dall'eliminazione, ove possibile, di ogni tipo di isolante termico. Numerose esperienze hanno dimostrato come intraprendere uno studio di dettaglio, spesso rileva l'inutilità (ai fini del processo) della coibentazione che può, quindi, essere rimossa. Ridurre il numero di attrezzature coibentate riduce la probabilità del verificarsi del fenomeno ed, implicitamente, riduce il numero di attrezzature su cui procedere con le fasi successive.

 

2 - Prioritizzazione a livello di unità

La definizione di una graduatoria nella suscettibilità delle unità produttive alla CUI è considerata una necessità al fine di meglio focalizzare gli sforzi nel momento in cui si decide di implementare una nuova strategia (o migliorare una strategia già esistente) su un impianto vasto come una raffineria o un petrolchimico. È quindi utile procedere ad uno screening iniziale, basato su parametri di rischio predefiniti, al fine di ordinare le unità di impianto dalle maggiormente critiche a quelle meno critiche. Questo primo screening può basarsi su criteri qualitativi (come la definizione dell'impatto causato da una perdita di prodotto da una linea di processo). Oppure può basarsi sull'analisi statistica di parametri come il numero di attrezzature potenzialmente affette da CUI, o la pressione operativa media e massima, o la Classe secondo API RP 570 (per le tubazioni). Oppure può basarsi su considerazioni relative allo storico dell'impianto stesso (età dell'impianto, eventi già avvenuti, manutenzioni effettuate, stato delle coibentazioni, etc.).

 

Questa prima prioritizzazione può aiutare a definire il più corretto timing sia a livello di risorse che di budget per l'implementazione di una strategia ispettiva. Noto l'ordine con il quale analizzare i diversi impianti, il passo successivo è quello di redigere procedure specifiche, obiettivi e indici di performance per verificare l'andamento del "processo ispezione" delle attrezzature stesse secondo le due seguenti fasi.

 

3 - Prioritizzazione delle ispezioni a livello di attrezzatura

La prioritizzazione delle ispezioni, cioè decidere quale attrezzatura ispezionare e con quale frequenza, deve necessariamente passare per la definizione di un parametro fondamentale che è il RISCHIO (o il livello di rischio) associato ad ogni attrezzatura. Il RISCHIO è definito come il prodotto della probabilità di un evento non desiderato per la magnitudo dell'evento stesso. Noto il RISCHIO (determinato per esempio con uno standard tipo API RP 581) si potrà definire un piano ispettivo dinamico che varia per frequenza ed estensione delle ispezioni in funzione della probabilità che un evento indesiderato si verifichi. In generale il RISCHIO viene rappresentato in una matrice nella quale, in funzione del livello di RISCHIO, viene attribuito un piano ispettivo specifico come quello indicato in Figura 1.

 

4 - Definizione del piano di ispezione specifico per singola attrezzatura

Individuare la CUI su un apparecchio (o una tubazione) di grandi dimensioni è la sfida più difficile nella gestione del fenomeno. È infatti evidente che la coibentazione impedisce la visione della superficie e, quindi, "nasconde il fenomeno". La scoibentazione totale, inoltre, risulta in termini di tempo e risorse necessarie difficilmente praticabile. Esistono tuttavia tecniche specifiche, e soprattutto punti ad alta suscettibilità, che devono sempre essere tenuti in considerazione nella stesura di un piano. Nel definire tali aree è di fondamentale importanza condurre un'ispezione visiva preliminare. È tuttavia altrettanto importante rilevare eventuali aree suscettibili dall'analisi dei disegni costruttivi. È infatti noto come alcuni punti (come per esempio tutti gli stacchi strumenti, i branchi, le mensole, i supporti, i punti di ingresso delle tracciature di vapore, gli anelli di sostegno della coibentazione, gli anelli di irrigidimento, etc.) si rivelino maggiormente suscettibili al ristagno di acqua e quindi alla CUI. Tali punti, nell'ambito delle percentuali stabilite nel piano ispettivo, dovrebbero essere tutti ispezionati alternativamente nel susseguirsi delle varie campagne ispettive. Una corretta esecuzione del piano ispettivo, che non può prescindere dall'applicazione delle PND più adeguate, e una corretta valutazione dei risultati dello stesso, consentono di intervenire tempestivamente sui casi più critici, e di programmare con largo anticipo eventuali interventi manutentivi (preventivi o predittivi).

 

Le 4 fasi sopra descritte possono essere implementate in maniera più o meno complessa (Figura 2).

 

Una statistica condotta su una raffineria costruita da 30 anni (con una portata di 200.000 barili/giorno di grezzo, situata in una zona costiera con vento prevalente dal mare) ha dimostrato che l'ammontare dei costi di manutenzione, ispezione e mancato profitto, senza l'implementazione di una corretta gestione del fenomeno CUI, possono sfiorare gli 11M?/anno.

 

Tali costi risultano più che dimezzati a fronte dell'implementazione di un corretto sistema di gestione della CUI. In un momento di crisi economica, quindi, investire sull'analisi di rischio e sulla concentrazione degli sforzi nel prevenire gli incidenti risulta sicuramente un atteggiamento premiante.

Angelo Pette - Specialista Asset Integrity Management

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