Una nuova ingegneria di affidabilità e di manutenzione per la gestione degli Asset industriali

A cura di Marco Macchi, Direttore di Manutenzione T&M

  • Febbraio 8, 2019
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  • Una nuova ingegneria di affidabilità e di manutenzione per la gestione degli Asset industriali
    Una nuova ingegneria di affidabilità e di manutenzione per la gestione degli Asset industriali

In questo secondo editoriale dell’anno, continuo a concentrare l’attenzione sull’e­voluzione verso la gestione degli Asset in­dustriali, prospettabile con la visione dovu­ta a molteplici fonti, tecniche e scientifiche, sull’Asset Management.

I cambiamenti – nell’organizzazione, nelle risor­se umane, e nelle tecnologie impiegate – sono connaturati al processo evolutivo, e una gestione accorta del futuro (prossimo) potrà garantire di restare al passo coi tempi. Per tale ragione, sen­to l’esigenza di scrivere un editoriale che vuole essere un ulteriore contributo a complemento dei messaggi portati dall’editor del mese, Etto­re Martinelli, e da Bruno Sasso, con un articolo pubblicato in questo mese. Ne approfitto, per in­ciso, per ringraziare Bruno per l’incoraggiamento che mi sta di recente dando, per stimolare nuo­ve prospettive sul modo di intendere ed attuare la manutenzione. Per queste nuove prospettive, parto da due termini che dovrebbero (…)1 essere già noti e anche attuati, l’Ingegneria di Affidabilità e l’Ingegneria di Manutenzione.

Dando una prospettiva personale sulla cono­scenza già consolidata attorno a Ingegneria di Affidabilità e Ingegneria di Manutenzione, voglio citare le fonti, pensando ad alcuni libri della mia biblioteca personale, letti da tempo e sempre base di consultazione quando mi trovo a spie­gare ai futuri Ingegneri, in un corso di laurea, cosa voglia dire fare l’Ingegnere in questi am­biti operativi industriali. È ovvio che le referen­ze non sono complete, né in senso generale di revisione della letteratura, né tanto meno per la dotazione della mia biblioteca. Ciò non di­meno, penso sia utile citare alcune referenze (del passato) per prepararsi a una riflessione sul processo evolutivo prospettabile per il futuro (prossimo).

Il primo libro che voglio citare è dovuto ad Ales­sandro Birolini, Professor Emeritus di Reliability Engineering all’ETH di Zurigo (Swiss Federal Institute of Technology Zurich). Lessi il suo li­bro intitolato Reliability Engineering: Theory and Practice nella sua quarta edizione, pubblicata nel 2004 (occorre sottolineare che la prima edizione del libro in tedesco è datata al 1985).

Un altro libro di rilievo è dovuto a Andrew K.S. Jardine, Professor Emeritus della Universi­ty of Toronto, e Founding Director del centro C-MORE (Centre for Maintenance Optimization & Reliability Engineering). Quando ebbi la for­tuna di leggere il libro di Jardine, co-autorato con Albert H.C. Tsang, dal titolo Maintenance, Replacement, and Reliability: Theory and Appli­cations (seconda edizione pubblicata nel 2013), lo feci per una attività quasi routinaria da acca­demico: leggere un libro per farne una review da pubblicare. Quella review fu come un fulmi­ne a ciel sereno: il libro è per me un riferimento per lezioni teoriche e conoscenze pratiche su tematiche varie, nell’ampio spettro delle deci­sioni che definirei un obiettivo che deve esser indirizzato nella mansione di un ingegnere di manutenzione.

Non si può, poi, dimenticare, nella bibliografia, il Manuale di manutenzione degli impianti indu­striali e servizi (seconda edizione pubblicata nel 1999), a cura di Luciano Furlanetto, che i lettori della rivista naturalmente ricorderanno (io stesso ricordai la conoscenza e vicinanza con Luciano in un paio di editoriali in questi due anni di direzione). Del manuale, tra i vari insegnamenti, ricordo sempre un distillato di conoscenza portata avanti da Luciano che prefigurava, ben in anticipo nei tempi, la crea­zione della funzione di riferimento che è l’in­gegneria di manutenzione, con “responsabilità sulla progettazione, controllo e miglioramento della manutenzione”.

Ultima nota bibliografica riguarda il mio contri­buto personale, nello scrivere un libro sull’Inge­gneria della Manutenzione. Strategie e metodi, con Luciano Furlanetto e Marco Garetti.

Perché questa premessa bibliografica? Non già per dare suggerimenti sui libri da leggere (ogni lettore avrà i suoi nella biblioteca perso­nale, magari anche quelli citati, oggi o in fu­turo), quanto per rimarcare un fatto concreto che ritengo importante: l’Ingegneria di Af­fidabilità e di Manutenzione ha una storia che è passata attraverso uno sviluppo del­la conoscenza progressivo che, come per ogni disciplina d’ingegneria, è un connubio di teoria e pratica, di strategia e metodi, di tecniche e tecnologie trattate con approccio ingegneristico2.

Il tempo però porta l’Ingegneria a mutare nella sua genetica, perché le condizioni al contorno van cambiando. Le esigenze del mondo odierno e del mondo futuro stanno sempre più portando a sistemi caratterizzati da elevata complessità, sia per le conoscenze tecniche e tecnologiche che ne sono il fondamento, sia per la molteplici­tà di interessi espressi da parte dei diversi por­tatori di interesse (stakeholders). I sistemi sono, poi, individual Assets ed Asset systems, all’in­terno dell’Assets portfolio, e devono essere ge­stiti nella vita, dalla concezione e progettazione sino al fine vita, comprendendo anche opzioni di estensione della vita. È quindi naturale pensa­re che, nelle condizioni al contorno sia odierne sia future, la risoluzione di problemi applicativi possa richiedere sempre più multidisciplinarietà per essere, alla fine, competitivi di fronte alle pressioni del business.

In questa evoluzione, la Manutenzione, funzio­ne trasversale per sua natura, rappresenta un fulcro importante sul quale l’Asset Management può appoggiarsi almeno per disporre di una leva operativa; ma ciò non è per niente sufficiente. Nello specifico delle sue mansioni, non è suffi­ciente che il raggio di azione di Manutenzione sia solamente la vita operativa dell’Asset già costrui­to. Manutenzione deve essere coinvolta, e anche sentirsi coinvolta, in tutte le fasi del ciclo di vita dell’Asset. Inoltre, Manutenzione deve essere capace di collaborare con altre funzioni azien­dali, proprio con le finalità di gestione del ciclo di vita dell’Asset (non solamente di manuten­zione del costruito …), e nella prospettiva di multidisciplinarietà che è richiesta oggi.

Con questo, non ritengo di portare un messaggio nuovo. Rafforzandomi con alcuni spunti tratti dai contributi di Martinelli e Sasso, posso ricordare ad esempio alcune affermazioni:

l’Ingegnere di manutenzione “è una figura trasversale che ha la capacità di collaborare con tutte le aree dell’azienda per lo sviluppo e la gestione degli Asset industriali” (cit. Ettore Martinelli);

è oggi in atto un cambiamento dell’Ingegneria di manutenzione “verso una forma di Ingegneria che potremmo definire di affidabilità e disponi­bilità dell’Asset e che quindi deve essere pre­sente in tutte le fasi del ciclo di vita” (cit. Bruno Sasso) (tra l’altro, Sasso cita una norma UNI 11454, non certamente nuova, che esemplifica il legame tra manutenzione e progettazione).

Come ulteriore appoggio, mi permetto di rubare anche le parole di un editoriale redatto lo scorso anno, sempre dall’editor della tematica di questo mese:

“Partendo quindi da un’analisi strutturata degli Asset, attraverso metodologie proprie dell’In­gegneria di Manutenzione, durante la fase di “Middle of Life” del ciclo vita di un bene, è fon­damentale implementare una standardizzazio­ne tecnica che tenga conto dell’utilizzo di un bene nei processi produttivi specifici per la pro­pria realtà industriale. Lavorando in anticipo, di­venta altrettanto importante pensare a decisio­ni nel “Beginning of Life”, facendo tesoro delle esperienze e dei dati a disposizione all’interno dell’azienda, e allargando la prospettiva a temi di natura affidabilistica in fase di progettazione di impianto” (cit. Andrea Ferrero).

In conclusione, prima di tutto, oggi ho scritto que­sto editoriale soprattutto sulla base di varie fonti autorevoli e, di conseguenza, ho preparato il ter­reno per lanciare un messaggio chiave, che cer­co di enucleare in alcuni punti, che saranno, nei miei migliori auspici, utili per ulteriori riflessioni:

  • l’Asset Management richiede un Ingegnere capace di affrontare le sfide odierne e futu­re con un bagaglio di conoscenze, attitudini e competenze molto esteso, necessario per risolvere i problemi applicativi che le decisioni di gestione nella vita dell’Asset richiedono;
  • l’Ingegnere deve, quindi, essere dotato di una capacità progettuale che si manifesta sia all’inizio della vita, sia per portare alle giuste scelte lungo la vita operativa, sino alla dismis­sione; in altre parole, l’Ingegnere deve por­tare la sua capacità sin dall’inizio della vita, perché è proprio lì che inizia l’attuazione di un insieme di decisioni strategiche che l’Asset Management rappresenta; l’Ingegnere deve, quindi, continuare a seguire l’Asset nella sua vita, per garantire una logica di gestione “in­gegnerizzata” degli Asset.

Pertanto, mi sento di affermare che Manutenzio­ne deve imparare a lavorare in un contesto più ampio all’interno del quale non può non esserci un Ingegnere; inoltre, l’Ingegnere non si può li­mitare all’ingegneria di manutenzione, così come tradizionalmente intesa, ma deve avere una pro­fessionalità più estesa che viene messa a servi­zio della generazione del valore nella vita degli Asset gestiti.

Note

1 Uso il condizionale perché sono consapevole dello stato di attuazione in diversi settori indu­striali.

2 È ovvio ma è sempre utile, a mio parere, ricor­dare una definizione di base. In tal caso, ripor­to l’estratto della definizione nella enciclopedia Treccani, nella quale Ingegneria è definita “In­sieme di studi e tecniche che utilizzano le cono­scenze delle varie branche delle scienze (fisica, chimica ecc.), unite a quelle tecnologiche (per es. materiali), per risolvere problemi applicativi e per progettare e realizzare opere di diversa natura (edili, meccaniche ecc.). I campi di applicazione dell’ingegneria si sono allargati da quelli tradizio­nali della costruzione di manufatti e di trasfor­mazione della materia alla soluzione di proble­mi aventi per oggetto sia la materia organica e inorganica sia processi di carattere più teorico e astratto (ingegneria economica, ingegneria fi­nanziaria, ingegneria costituzionale, ingegneria della gestione aziendale, ecc.)”

Prof. Marco Macchi, Direttore Manutenzione T&M